Tinian Air Base

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Tinian Air Base

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Approfittando del fatto che attualmente la 72a Squadriglia sta partecipando alla campagna SEOW Marianas, colgo l'occasione per inserire un interessante articolo storico, tratto dalla Rivista Italiana Difesa di Gennaio 2005, che ha per oggetto la costruzione e l'utilizzo dell'imponente base aerea di Tinian, da cui decollavano i B-29 Superfortress che diedero il colpo di grazia alle velleità di difesa del suolo patrio da parte dell'esercito giapponese; dapprima incendiandoo gran parte delle città con bombardamenti a tappeto, e poi trasportando i due ordigni nucleari che di fatto misero la parola fine al secondo conflitto mondiale sul fronte del Pacifico.

Buona lettura!

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Tinian, colpo finale al Giappone

di Paolo Gianvanni

II B-29 divenne l'arma decisiva nella guerra nel Pacifico solo dopo la conquista di basi a distanza utile dalle isole giapponesi.
Alla conferenza del Cairo del novembre 1943, a cui parteciparono il presidente americano Roosevelt, quello cinese Chiang Kai-shek ed il primo ministro britannico Churchill, venne approvato il piano che prevedeva la riconquista delle isole Marianne per creare a Saipan, Tinian e Guam basi per i bombardieri B-29 per l'offensiva finale contro il Giappone.
In realtà i B-29 erano già in procinto di raggiungere tale bersaglio, almeno del sud dell'arcipelago, operando dai campi realizzati nella Cina centrale nell'ambito del programma MATTERHORN.
I velivoli dei quattro Gruppi del 20th Bomber Command basati nel Bengala indiano si trasferivano attraverso l'Himalaya in Cina, coprendo quasi 2.000 chilometri per raggiungere le loro basi avanzate che dovevano a loro volta essere rifornite di carburante e bombe con un ponte aereo dispendioso e inefficiente.

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Nonostante mille problemi, il primo attacco sul Giappone avvenne il 15 giugno 1944 con obiettivo l’acciaieria di Yawata. Solo 47 dei 98 B-29 decollati dalla Cina raggiunsero il bersaglio e i danni furono modesti ma almeno, per la prima volta, bombardieri terrestri americani avevano bombardato le isole giapponesi.
Con la decisione presa al Cairo di usare le isole Marianne, si apriva la strada ad un nuovo approccio più razionale che offriva il vantaggio di poter assicurare via mare il vitale flusso dei rifornimenti. L'ammiraglio Chester Nimitz ebbe l'incarico di organizzare e portare a termine l'operazione militare di conquista delle isole. La prima fu Saipan, attaccata I'11 giugno e definitivamente conquistata il 9 luglio, dove iniziarono immediatamente i lavori di trasformazione del campo giapponese di Aslito, che divenne in mani americane Isley Field; toccò quindi a Guam attaccata il 20 luglio ed infine a Tinian.
A circa 2.500 chilometri a sud-sud-est del Giappone, Tinian appartiene oggi al Commonwealth of Northern Mariana Islands (CNMI o Federal States of Micronesia) territorio autogovernato degli Stati Uniti che comprende 14 isole di cui le principali abitate sono Saipan, Rota e Tinian. Tinian è lunga circa 18 chilometri, larga sette e si estende per circa 102 chilometri quadrati.
L'unica risorsa delle isole, come di tutte le Marianne, era la canna da zucchero e le aree pianeggianti dell'isola erano coperte di piantagioni che alimentavano uno stabilimento di lavorazione; sulla vicina Saipan (a meno di otto chilometri) era attiva una distilleria che dalle melasse della canna otteneva un whisky venduto in Giappone.

Dal punto di vista militare Tinian disponeva di fortificazioni solo intorno all'area del porto e del centro principale, Tinian Town (oggi San Jose); una grossa base aerea era stata realizzata all'estremità nord dell'isola ed un'altra più piccola sulla costa orientale presso Gurguan Point.
A difendere Tinian erano schierati circa 9.000 Giapponesi con il 50° Reggimento di Fanteria ed il 56° Keibitai (della Marina); il comandante, Col. Takashi Ogata, disponeva anche di quattro battaglioni di fanteria dell'Esercito e della 18' compagnia carri con nove carri armati.
Il compito di conquistare l'isola venne affidato al Gruppo Anfibio comandato dal Contrammiraglio Harry W. Hill, forte della 2nd e della 4th Marine Division del Magg. Gen. Roy S. Geiger.
Lo sbarco venne preparato dal bombardamento aeronavale delle installazioni portuali e delle principali postazioni difensive ad opera di tre navi da battaglia, due incrociatori pesanti e 16 cacciatorpediniere. Le prime bombe al napalm vennero usate proprio a Tinian Town e l'arma si dimostrò particolarmente utile nel distruggere le piantagioni di canna da zucchero, rivelando così le posizioni giapponesi.

L'attacco anfibio si rivelò un completo successo tattico con una finta manovra della 2nd Marine Division diretta verso Tinian Town che attirò su di sè gran parte delle capacità di fuoco del nemico e con lo sbarco effettivo della 4th Marine Division sulla spiaggia nord-occidentale di Unai Chulu (White Beach in codice), ritenuta con i suoi 65-130 metri troppo poco profonda per supportare un'operazione del genere.
Proprio per conoscere nel dettaglio le caratteristiche del terreno e le difese nemiche, il 10 ed 11 luglio uomini del Fifth Amphibious Reconnaissance Battalion avevano raggiunto di notte l'isola a bordo di gommoni effettuando un'accurata ricognizione senza essere scoperti. Nel dettaglio il 24th Combat Regiment sbarcò sulla Beach White 1 e il 25th Combat Regiment sulla limitrofa Beach White 2 incontrando una certa resistenza solo su quest'ultima. Il 23'h Combat Regiment prese terra solo dopo che i primi due avevano rafforzato le posizioni.

Al tramonto del 24 la 4th Marine Division controllava una testa di ponte larga 2.900 metri e profonda circa due chilometri conquistata al costo di soli 15 morti e 225 feriti. Nella notte il Col. Ogata tentò un contrattacco di cinque ore, ma perse 1.241 uomini e sei dei preziosi carri senza riuscire a sfondare le linee americane. Il giorno seguente. a sostenere gli uomini provati dalla terribile battaglia notturna, sbarcò anche la 2nd Marine Division mentre non fu necessario impegnare la 27th Division dell'Esercito pronta a Saipan.
Fallito il tentativo di ricacciare in mare gli invasori, i Giapponesi si ritirarono gradualmente nel sud-est approfittando della natura rocciosa della parte meridionale dell'isola dove ogni resistenza cessò. almeno ufficialmente. il 2 agosto; Ogata era morto il 31 luglio guidando personalmente un disperato contrattacco. In realtà tutta la parte meridionale e l'area costiera orientale rimasero a lungo vietate all'accesso del personale americano per la presenza di Giapponesi che si rifiutavano di arrendersi, e ancora il 30 gennaio 1945 si verificò una grande esplosione in un deposito al centro dell'isola che venne attribuita proprio ad un sabotaggio.

La conquista era costata agli Americani 328 morti e 1.571 feriti mentre i Giapponesi avevano perso l'intera guarnigione. Per il suo operato a Tinian, la 4th Division ricevette la Presidential Unit Citation (1). Per la conquista del gruppo delle isole Marianne, chiave di volta per l'attacco finale al Giappone, gli Americani persero in tutto 5.367 uomini ed ebbero 16.843 feriti; un bilancio globale per i Giapponesi è complesso anche perché molti preferirono suicidarsi gettandosi dalle scogliere piuttosto che arrendersi, ma le Forze Armate di Tokyo lasciarono sul campo almeno 46.000 uomini.
Mentre ancora si combatteva, sull'isola si misero al lavoro i Seabees della 6th e del 107th Construction Brigades dell'United States Naval Contructions Battalion. Un esercito di specialisti perfettamente equipaggiato che arrivò a contare 15.000 uomini e che in meno di quattro mesi costruì, partendo dall'aeroporto abbandonato dai Giapponesi e spostando quasi 112 milioni di metri cubi di corallo, la più grande base aerea dell'epoca, ribattezzata North Base, che occupava in pratica tutta la parte settentrionale di Tinian. La North Base era in realtà costituita da due aeroporti, Tinian North o North Field e Tinian West o West Field solo di poco più piccolo e realizzato più a sud con limitrofo
un campo più piccolo per i caccia, che superavano di gran lunga il gioiello progettato negli "States", lo scalo di Idlewild a Long Island, presentato come il più grande aeroporto mondiale (2).
Se Idlewild poteva vantare 23,3 chilometri di piste e raccordi con le prime larghe 91 metri, il solo Tinian North aveva oltre 32 chilometri con una larghezza, per le piste di decollo ed atterraggio, di 130-150 metri di cui 76 asfaltati.
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(1) La 4th Marine Division aveva lasciato nel gennaio 1944 San Diego, California, per il fronte; il 1° febbraio sbarcò a Roi Island, atollo di Kwajalein, con l'operazione FLINTLOCK, conquistandola in sole sei ore e passando quindi sulla vicina Namur Island che richiese solo poco più di 24 ore. Due impegni che possiamo dire "leggeri" ma che assegnarono alla 4th due primati: quello della prima divisione a passare direttamente dagli Stati Uniti al combattimento e della prima a conquistare un territorio di mandato giapponese nel Pacifico. Ben più gravoso fu l'impegno successivo della conquista di Saipan iniziata il 15 giugno e conclusa 25 giorni dopo con un totale di 5.981 perdite tra morti. feriti e dispersi. parial 27,6% della forza. Seguì il 24 luglio Tinian. La 4th Marine Division chiuse la guerra con l'invasione di Iwo Jima attuata insieme alla 3rd ed alla 5th Division il 29 febbraio 1945 e protrattasi per 26 giorni con un totale di 9.098 perdite, pari a metà degli effettivi. Complessivamente nelle quattro campagne belliche (Roi-Mamur, Saipan, Tinian e Iwo Jima) la 4th subì 17.722 perdite di cui 3.298 morti e 14.424 feriti.
(2) La costruzione di Idlewild iniziò nel 1942 ed il primo volo commerciale di linea vi scese il 1' luglio 1948. Nel dicembre 1965 lo scalo venne ribattezzato John. F. Kennedy International Airport in onore del presidente americano.


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Tinian North era riconoscibile per le quattro piste parallele di 2.600 metri (designate da nord a sud: A-Able. B-Baker, C-Charlie, D-Dog), orientate abbastanza bene con il vento prevalente (circa 8-16 chilometri orari da nord-est/est-nordest) e con ingresso e uscita sul mare senza ostacoli. Oltre 17 chilometri di vie di rullaggio portavano agli enormi parcheggi in grado di ospitare centinaia di B-29, mentre a sud della base si stendeva una vastissima area dedicata al deposito e sulla gestione delle bombe. Tinian West disponeva di due "sole" piste ma delle stesse gigantesche dimensioni.
I Seabees lavorarono tenacemente per rendere il più pianeggiante possibile la parte settentrionale dell'isola e ricavarono una specie di piattaforma che sul lato est era alta circa 30 metri sul livello del mare, scendendo poi gradualmente fino a circa 24 metri a metà della base e a soli 15 metri all'estremità ovest. Venne così ottenuta un'inclinazione massima di 2° per non creare problemi nella movimentazione sia autonoma sia a traino dei grossi bombardieri. Le vie di rullaggio ed i parcheggi furono ricavati tra le piste principali mentre nella parte nord occidentale, sopra la pista Able, fu
creata un'area speciale con le due fosse per l'imbarco delle bombe atomiche.
A sud di Tinian North, sul monte Lasso alto solo 170 metri, venne inoltre installata una postazione radar per il controllo dello spazio aereo circostante e per evitare spiacevoli sorprese. Le foto aeree e le mappe di Tinian mostrano anche come l'isola venne attrezzata sulla falsariga di Manhattan di cui ripeteva un po' le linee generali. I Seabees realizzarono una rete di strade parallele simili a quelle della "grande mela" sviluppate intorno a due strade principali a senso unico che collegavano il porto di San Jose con Tinian North per assicurare il continuo flusso di materiali e bombe. Quella con direzione nord-sud venne ribattezzata Broadway e la parallela con direzione sud-nord 8'h Avenue, ma c'erano anche la 10'h e 12th Avenue nonché la West End Avenue; il principale collegamento sull'asse est-ovest era costituito dalla 42nd Street. La parte logistica era in grado di ospitare 50.000 militari e per l'agosto 1945 a Tinian potevano operare quasi mille B-29. Già il 18 gennaio 1945 sull'isola erano atterrati i primi B-29 appartenenti al 6° Bombardment Group del 313h Bombardment Group.

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B-29 sul Giappone

La responsabilità delle operazioni di volo nelle isole Marianne venne assegnata al XXI Bomber Command attivato in seno alla 20th Air Force (insieme al XX Bomber Command) a Smokey Hill il l ° marzo 1944 e comandato dal Magg. Gen. Haywood S. Hansell Jr. Il primo Bombardment Wing del XXI BC ad essere costituito fu il 73rd che iniziò il trasferimento a Saipan (Isley Field) il 12 ottobre; i B-29 attaccarono in ottobre la roccaforte di Truk provocando la reazione dei Giapponesi che, operando da Iwo Jima,


provocarono seri danni agli aerei parcheggiati a Isley Field. II 73rd BW effettuò la sua prima incursione sul Giappone il 24 novembre colpendo le officine di motori della Nakajima Aircraft Company di Musashi, alla periferia di Tokyo; era la prima volta dal leggendario raid di Doolittle di oltre due anni prima che bombe cadevano nell'area di Tokyo.
La missione non fu un successo perché dei 111 aerei decollati da Saipan solo 24 sganciarono in vicinanza del bersaglio a causa dell'alto numero di aborti per problemi dei motori e per la fortissima turbolenza in quota, una scoperta spiacevole del "jet stream" che nel caso delle missioni dalle Marianne soffiava violentemente in coda all'andata ed ostacolava il ritorno. Le pesanti perdite ed i risultati insoddisfacenti portarono nel gennaio 1945 alla sostituzione del Gen. Hansell con il Gen. LeMay, futuro capo dello Strategic Air Command. LeMay rivoluzionò i modi di impiego del XXI Bombardment Command. Per porre rimedio all'altissimo rateo di aborti (il 23% in media per missione), egli dette ordine di smontare l'armamento difensivo lasciando solo la postazione di coda e passò dall'alta alla bassa quota: i suoi B-29 avrebbero attaccato da 1.500-1.800 m di altezza sganciando 6-8 tonnellate di bombe incendiarie M-69 e operando individualmente.
In questo modo non si sarebbe perso tempo per raggruppare le grandi formazioni e per salire di quota, con risparmio di carburante e sollievo per i motori R-3350, evitando inoltre l'effetto del "jet stream". La prima missione con questi nuovi criteri ebbe luogo la notte del 9-10 marzo contro Tokyo con 302 aerei di cui 279 giunsero sul bersaglio e fu un successo superiore ad ogni aspettativa, innescando una vera e propria tempesta di fuoco che distrusse gran parte del centro della città. Intanto cresceva il numero dei B-29 a disposizione di LeMay: nel gennaio 1945 dal North Field di Tinian aveva iniziato le operazioni il 313th Bombardment Wing guidato dal Brig. Gen. John H. Davies seguito dal 314th BW del Brig. Gen. Thomas S.Power schierato sul North Field di Guam.


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A metà aprile sul West Field di Tinian si aggiunse il 58th BW. L'impiego dei B-29 a bassa quota portò inevitabilmente ad un aumento delle perdite per la contraerea e in primavera i bombardieri tornarono ad operare di giorno ad alta quota ma con una novità spiacevole per i caccia giapponesi, la scorta dei MUSTANG basati dal 6 marzo sull'isola di Iwo Jima. Nel primo scontro del 29 maggio nel cielo di Yokohama i MUSTANG distrussero 26 caccia giapponesi perdendo tre dei loro e quattro dei 454 B-29 partecipanti all'azione. Dal giugno successivo la caccia giapponese sarebbe pressoché scomparsa dai cieli. Intanto, completando il formidabile schieramento del XXI Bombardment Command, sul Northwest Field di Guam vennero schierati i B-29B del 315'h BW che si dedicarono in particolare alla distruzione del sistema petrolifero giapponese.
Un altro ruolo in cui eccelse il B-29 fu quello di minamento; dal marzo 1945 il 313th BW seminò i temibili ordigni sulle principali vie di traffico e nei porti, un'operazione che con quasi 13.000 mine acustiche e magnetiche, fu responsabile del 9,3% delle perdite navali complessive del Giappone durante la guerra.
In pratica i B-29 basati nelle Marianne effettuarono 25.500 missioni individuali (il 1° agosto 1945 il XXI Bombardment Command portò sul Giappone ben 853 B-29) sganciando 170.000 tonnellate di bombe convenzionali con la perdita di un numero di aerei che varie fonti indicano tra 371 e 427.
La tempesta di fuoco scatenata dalle centinaia di B-29 basati a Tinian, Guam, Saipan e nelle ultime fasi a Iwo Jima stava sicuramente minando le capacità di difesa giapponesi, ma i piani dell'invasione ribattezzata in codice OLYMPIC prevedevano perdite notevoli direttamente proporzionali al numero degli uomini impegnati.
L'isola di Kyushu doveva essere attaccata nel novembre 1945 e Honshu nel marzo 1946, ma già Kyushu si presentava come un osso duro sia per la natura montagnosa del terreno, favorevole a forme di resistenza e ad operazioni di guerriglia, sia per il dispositivo messo in campo dai Giapponesi e accuratamente seguito dal controspionaggio americano. Sull'isola esistevano inoltre 60 aeroporti ed altri cinque erano in fase di costruzione, rendendo difficile il controllo per prevenire decolli dei temuti kamikaze; per ridurre questo rischio e come già sperimentato con successo a Okinawa, era prevista la conquista preliminare delle isolette intorno a Kyushu in modo da installarvi postazioni radar per la scoperta di velivoli nemici.

Di fronte alle prospettive di gravissime perdite, la bomba atomica costituì la soluzione ai problemi di Washington e ancora una volta la piccola isoletta di Tinian doveva assumere un'importanza strategica decisiva.
Il Col. Paul W. Tibbets Jr., comandante del 509th Composite Group incaricato di portare a destinazione la nuova arma, aveva perfezionato l'addestramento del reparto sulla Wendover Army Air Field presso Salt Lake City, Utah, dove il reparto si era trasferito nel settembre 1944.

Il 9 dicembre 1944 l'AAF aveva creato il 509th Composite Group con un unico Squadron, il 393rd Bombardment Squadron (Very Heavy) comandato dal Magg. Charles W. Sweeney ed il 17 dicembre a Wendover era stato attivato il 509th Composite Wing.

Si trattava del primo reparto da bombardamento americano, e mondiale, ad essere formato, equipaggiato e addestrato per l'impiego di armi nucleari.
11 26 aprile 1945 Tibbets dichiarò il gruppo pronto e per il giugno questo era rischierato sul North Field di Tinian. In particolare il B-29 ribattezzato "Enola Gay", lasciò Wendover il 27 giugno giungendo a destinazione il 2 luglio. Dal North Field i 15 B-29 del 509th parteciparono a missioni contro bersagli nemici anche sul Giappone per migliorare ulteriormente il livello addestrativo; chiaramente a questi voli in cui esisteva la possibilità di cadere in mano nemica non partecipavano gli uomini che erano a conoscenza di informazioni riservate. L"'Enola Gay" partecipò il 24 e 26 luglio (comandato dal Cap. Robert Lewis) ad attacchi contro Kobe e Nagoya, quindi il 31 effettuò, con a bordo il Col. Tibbets, uno sgancio di prova del simulacro della bomba "Little Boy". Il pomeriggio del 5 agosto il bombardiere venne portato sul Bomb Loading Pit No.1 per l'imbarco della vera "Little Boy" che sarebbe stata sganciata alle 08.15 del giorno seguente su Hiroshima.
L'8 agosto il B-29 "Bockscar" venne spinto sul vicino Bomb Loading Pit No.2 per agganciare nella stiva la bomba "Fat Man".
L'obiettivo iniziale di "Bockscar" era la città di Kokura, ma la copertura nuvolosa e un problema di carburante spinsero il Magg. Sweeney, comandante del 393rd Squadron, ad optare per l'alternativa prevista in simili casi di Nagasaki su cui "Fat Man" venne sganciata alle 11.00 locali: Il comandante Sweeney fu costretto a fare scalo ad Okinawa nel volo di rientro a Tinian per rifornire i serbatoi. II 10 agosto l'imperatore Hirohito accettò la resa.

Nel novembre 1945 il reparto rientrò negli Stati Uniti sul Roswell Army Air Field, Nuovo Messico, per essere preso poi come nucleo centrale del neocostituito Strategic Air Command. Nell'aprile1946, ridesignato 509'h Bombardment Group, tornò nel Pacifico a Kwajalein per l'operazione CROSSROAD (test nucleari a Bikini), ma questa è un'altra storia.

A Tinian oggi il grande complesso del North Field è completamente abbandonato e le grandi piste sono quasi coperte dalla vegetazione.
I turisti desiderosi di rivivere un pezzo di storia possono percorre la Broadway, trasformata in un sentiero fino all'angolo nord-occidentale dove sono ancora ben visibili, anche se interrati, i due pozzi dove nell'agosto 1945 furono imbarcate le uniche bombe atomiche usate su obiettivi reali.



Gli aeroporti per i B-29
Per il loro attacco al Giappone i bombardieri del XXI Bomber Command disponevano, oltre che delle basi di Tinian, di quelle di Guam e Saipan.
L'isola di Guam aveva due aeroporti posti nella parte settentrionale: il North Field (oggi Andersen AFB) a nord-est presso Pati Point, base del 314'h Bombardment Wing, ed il Northwest Field (oggi campo ausiliario di Andersen AFB) a nord-ovest presso Ritidian Point, base del 315th BW.
Nel sud-est di Saipan venne invece costruita la grande base di Isley Field che sopravvive ancora oggi per i servizi civili con i collegamenti per Guam e le altre isole. Dopo la conquista di Iwo Jima i Seabees realizzarono rapidamente sull'isola due grosse piste per i bombardieri. il Central Field ed il South Field, in grado di ospitare reparti di B-29 riducendo notevolmente i tempi di volo per e dal Giappone. Iwo Jima venne usata molto come scalo di emergenza per gli aerei colpiti o in avaria o a corto di carburante e per la caccia che, grazie alla conquista dell'isola, potè accompagnare i bombardieri sugli obiettivi.
Le grandi dimensioni delle basi costruite nel Pacifico erano legate ai numeri in gioco: ogni Squadron si componeva ufficialmente di 25 aerei per cui ogni Wing, composto da quattro Bomber Group di tre Bomber Squadron, disponeva di un totale di 300 aerei.

II dispositivo
del XXI Bomber Command

58th Bombardment Wing attivato nel giugno 1944 e schierato sul West Field, Tinian; simbolo in coda: un triangolo con inserita la lettera di identificazione del Bomber Group: - 40th BG (25th, 44m, 45m, 395(*) Bomber Squadron)
444th BG (676th, 677th, 678th, 679(*) BS) - 462"d BG (768th, 769m, 770m, 771st(") BS) - 468th BG (792"d, 793rd, 794th, 795th (*) BS) (*) Squadron disattivato nel settembre-ottobre 1944
73rd Bombardment Wing attivato nell'ottobre 1944 e schierato sul Isley Field, Saipan; simbolo sulla coda un quadrato sotto alla lettera di identificazione del Bomber Group:
- 497th BG (869'h, 870m, 871s' BS)
- 498th BG (873rd, 874m, 875th BS)
- 499st BG (877th, 878m, 879th BS)
- 500m BG (881st, 882"d, 883rd BS)
313rd Bombardment Wing attivato nel dicembre 1944-gennaio 1945 e schierato sul North Field, Tinian; simbolo sulla coda: un cerchio con inserita la lettera di identificazione del Bomber Group:
- 6th BG (24th, 39th, 40m BS)
- 9th BG (1st, 5th, 99th BS)
- 504th BG (398th, 421st, 680th(**) BS) - 505th BG (482"d, 483rd, 484th BS)
(**) Squadron presente dal giugno 1945
314th Bombardment Wing attivato nel febbraio 1945 e schierato sul North Field, Guam; simbolo sulla coda un quadrato con inserita la lettera di identificazione del Bomber Group:
- 19th BG (28m, 30m, 93rd BS)
- 29m BG (6th, 43rd, 52"d BS)
- 39th BG (60m, 61st, 62"d BS)
- 330th BG (457m, 458m, 459th BS)
315th Bombardment Wing attivato nel giugno-luglio 1945 e schierato sul Northwest Field, Guam; simbolo sulla coda un rombo con inserita la lettera di identificazione del Bomber Group:
- 16th BG (15m, 16m, 17th BS)
- 331s' BG (355th, 356th, 357th BS)
- 501st BG (21st, 41st, 485th BS)
- 502' BG (402"d, 411m, 430th BS)
509th Composite Group attivato nel dicembre 1944 e schierato sul North Field, Tinian; simbolo sulla coda un cerchio con inserita una freccia. Unico squadron il 393rd BS.


USS INDIANAPOLIS
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Tinian è legata ad uno dei più gravi disastri navali della Marina Americana, quello dell'incrociatore INDIANAPOLIS (CA-35). II 16 luglio 1945 l'unità, in riparazione a Mare Island, venne scelta per trasportare a Tinian il "core" della bomba "Little Boy" approntato dai tecnici nei laboratori di Los Alamos, Nuovo Messico. La consegna fu fatta a tempo di record: senza scorta e a 29 nodi di media, l'INDIANAPOLIS salpò dalla California, fece una sosta di sei ore a Pearl Harbor per il rifornimento e giunse a Tinian il 26 luglio.
Dopo aver scaricato, l'incrociatore fece rotta a sud rifornendosi a Guam e si diresse verso
il golfo di Leyte per raggiungere la nave da battaglia IDAHO per una fase di addestramento al tiro, prima di unirsi alla flotta davanti ad Okinawa, in preparazione dell'invasione del Giappone. A due giorni da Guam il 30 luglio, I'INDIANAPOLIS, con mare moderato e buona visibilità, venne silurato dal sommergibile 1-58 del comandante Machitsura Hashimoto. Colpita sul lato destro, la nave affondò in soli 12 minuti e in mare restarono 1.199 uomini. II suo arrivo a Leyte era previsto per il 31 luglio, ma nessuno fece caso al ritardo e soltanto il 2 agosto un ricognitore trovò per caso i superstiti che furono solo 316.
Ultima modifica di 72sq_SilVal il mer lug 30, 2008 12:43 am, modificato 5 volte in totale.
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Messaggio da 72sq_KOS »

ho avuto solo ora il tempo per leggerlo

molto interessanto Sil veramente :D certo che adibire un'intera isola come "portaerei" costruendoci 4 piste di cemento è spaventoso :gulp:
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Messaggio da Thunder »

non badavano a spese gli americanucci ^__-
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Messaggio da 72sq_SilVal »

Come si sa, la base di Tinian ospitava le aree di caricamento delle bombe nucleari che vennero successivamente sganciate sulle città di Hiroshima e Nagasaki.

A questo proposito, su un forum di storia è apparso un interessante, sebbene per alcuni versi provovcatorio articolo di uno storico americano, che si interroga circa la necessità o meno di sganciare le bombe sul Giappone.

ecco il LINK e poi l'intero articolo:



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Era necessario il bombardamento atomico del Giappone?

di Robert Freeman


Poche discussioni riguardo eventi della storia degli Stati Uniti – forse solo lo schiavismo - sono tanto animati come quello dell'uso delle bombe atomiche sul Giappone. Era necessario? Il solo fare questa domanda provoca indignazione, persino rabbia. Si prenda ad esempio il clamore isterico sorto intorno alla mostra del 1995 dello Smithsonian che aveva semplicemente osato discutere il tema a cinquant'anni dal fatto. Oggi, dopo altri undici anni, gli statunitensi hanno ancora difficoltà a guardare in faccia la verità su quelle bombe.

Ma la rabbia non è una tesi. L'isteria non è la storia. La decisione di sganciare la bomba è stata sottoposta al lavaggio della fabbrica americana di miti tanto da essere trasformata a volontà:dall'autoconservazione degli statunitensi ad una preoccupazione nei confronti degli stessi giapponesi, come se l'incinerazione di duecentomila esseri umani in un secondo possa essere stato per qualche ragione un atto di generosità morale.

Eppure la domanda non si estinguerà, né deve farlo: l'uso delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki è stata una necessità militare? Era giustificabile questa decisione dall'imperativo della salvaguardia di vite umane, o dietro c'erano altre ragioni?

La domanda sulla necessità militare può essere messa a tacere rapidamente. "Il Giappone era già militarmente sconfitto e l'uso della bomba era completamente inutile." Queste non sono le parole di uno storico revisionista postumo o di uno scrittore di sinistra. Certamente non sono le parole di qualcuno preso dall'odio per gli Stati Uniti. Sono le parole di Dwight D. Eisenhower, Comandante Supremo delle Forze Alleate in Europa e futuro presidente degli Stati Uniti d'America. Eisenhower sapeva, come lo sapeva l'intero corpo degli ufficiali superiori degli Stati Uniti, che verso la metà del 1945 il Giappone era privo di difese.

Dopo la distruzione della flotta giapponese nel golfo di Leyte nell'ottobre del 1944, gli Stati Uniti potevano bombardare incontrastati le città del Giappone, come fecero con gl'infernali bombardamenti incendiari di Tokyo e Osaka. Questo è quello che intendeva Henry H. Arnold, Comandante generale dell'Aeronautica militare degli Stati Uniti, quando dichiarò che "la situazione dei giapponesi era disperata perché ancora prima del lancio della prima bomba atomica i giapponesi avevano perso il controllo del loro proprio spazio aereo." Inoltre, senza una propria marina militare, un Giappone povero di risorse autonome aveva perso la capacità di importare il cibo, il carburante e i rifornimenti industriali necessari a portare avanti una guerra mondiale.

Consci dell'evidente futilità della loro difesa i giapponesi contattarono i russi per ottenere il loro aiuto nel negoziare una pace che mettesse fine alla guerra. Gli Stati Uniti avevano già da tempo imparato a decodificare le trasmissioni giapponesi e sapevano che tali negoziati erano in corso, sapevano che i giapponesi erano mesi che cercavano un modo [accettabile] di arrendersi.

L'ammiraglio di squadra navale Chester W. Nimitz, comandante in capo della flotta USA del pacifico, evidenziava questo fatto quando scriveva che "I giapponesi avevano infatti già chiesto la pace. La bomba atomica non ebbe alcun ruolo decisivo, da un punto di vista puramente militare, nella sconfitta del Giappone." L'ammiraglio William D. Leahy, Capo del gabinetto del presidente Truman, disse la stessa cosa: "L'uso de[lle bombe atomiche] a Hiroshima e Nagasaki non fu di alcun beneficio pratico nella
nostra guerra contro il Giappone. I giapponesi erano già sconfitti e pronti alla resa."

Le autorità civili, in particolar modo lo stesso Truman, avrebbero in seguito tentato di riscrivere la storia sostenendo che le bombe fossero state sganciate per salvare le vite di un milione di soldati USA. Ma non esiste nessuna circostanza concreta a sostegno di questa tesi in qualsiasi documento dell'epoca. Al contrario, la 'Analisi dei bombardamenti strategici' degli Stati Uniti rilevava che "Certamente il Giappone si sarebbe arreso prima del 31 dicembre 1945, e con ogni probabilità prima del 1° novembre 1945, anche se le bombe atomiche non fossero state sganciate." La data del primo novembre è importante perché quella era la prima data utile dell'invasione statunitense delle isole giapponesi che era stata pianificata.

In altre parole, l'opinione virtualmente unanime e condivisa dei comandanti di lunga esperienza e più informati delle forze militari statunitensi non lasciava spazio a dubbi: non c'era alcuna urgente necessità militare di sganciare le bombe atomiche sul Giappone.

Ma se l'impiego delle bombe non fu dettato da necessità militari, allora perché furono usate? La risposta emerge quando si considera l'atteggiamento degli U.S.A. nei confronti dei russi, come la guerra era finita in Europa e la situazione in Asia.

Da tempo i leader degli U.S.A. avevano in odio il governo comunista russo. Nel 1919 gli U.S.A. avevano condotto un'invasione in Russia, la famigerata "Contro-Rivoluzione Bianca", nel tentativo di battere la rivoluzione rossa bolshevika che aveva portato i comunisti al potere nel 1917. L'invasione fallì e gli U.S.A. non riconobbero diplomaticamente la Russia fino al 1932.

Poi, durante la Grande Depressione, quando l'economia degli U.S.A. crollò, l'economia russa era invece in espansione esplosiva, essendo cresciuta di quasi il 500%. I leader degli U.S.A. temevano che con la fine della guerra il paese potesse cadere di nuovo preda di una depressione. E la seconda guerra mondiale non fu vinta dal sistema lassista americano, ma da quello verticistico, di dirigenza e controllo sull'economia che rappresentava il sistema russo. In altre parole, il sistema russo sembrava funzionare mentre quello americano soffriva per il recente crollo e una dubbia fiducia in se stesso.

Inoltre per sconfigere la Germania l'esercito russo era giunto a Berlino attraversando l'Europa orientale. Aveva occupato e posto sotto il suo controllo 150.000 miglia quadrate [388 mila chilometri quadrati, NdT] di territorio nelle odierne Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Yugoslavia. A Yalta, nel febbraio del 1945, Stalin aveva chiesto di tenere il controllo di questo territorio di nuova occupazione. La Russia, Stalin giustamente osservava, era stata ripetutamente invasa dagli europei dell'ovest, da Napoleone ai tedeschi nella prima guerra mondiale e in ultimo da Hitler. La Russia aveva perso oltre 20 milioni di vite nella seconda guerra mondiale e Stalin voleva una zona cuscinetto contro ulteriori invasioni.

A questo punto, nel febbraio del 1945, gli Stati Uniti non sapevano se la bomba avrebbe funzionato oppure no. Ma è fuor di dubbio che avevano bisogno dell'aiuto della Russia per portare a termine sia la guerra in Europa che quella nel pacifico. [Il presidente] Roosevelt non aveva perso di vista queste necessità militari: senza un esercito capace di affrontare quello di Stalin in Europa e anzi in necessità dell'aiuto di Stalin, Roosevelt concesse l'Europa orientale, mettendo in mano ai russi la più grande conquista territoriale della guerra.

Come ultimo punto, e forse più importante di tutti, Stalin concordò a Yalta che una volta finita la guerra in Europa avrebbe fatto transferire le sue forze dall'Europa all'Asia per entrare entro 90 giorni in guerra nel Pacifico contro il Giappone. È a questo punto che le date diventano criticamente importanti. La guerra in Europa finì l'otto maggio del 1945. L'otto maggio più 90 giorni fa l'otto agosto. Avessero voluto gli U.S.A. impedire alla Russia l'occupazione di altro territorio nell'Asia orientale così come aveva occupato i territori dell'Europa orientale, dovevano far finire questa guerra nel più breve tempo possible.

Questo problema territoriale dell'Asia orientale era specialmente rilevante perché prima della guerra contro il Giappone la Cina era piombata in una guerra civile interna. Ad affrontarsi erano i nazionalisti guidati dal generale Chiang Kai Shek con l'aiuto degli Stati Uniti e i comunisti guidati da Mao Ze Dong. Si fosse permessa alla Russia comunista la conquista di altro territorio nell'Asia orientale, avrebbe messo la sua considerevole potenza militare a disposizione di Mao, il che avrebbe portato quasi sicuramente alla vittoria i comunisti una volta finita la guerra mondiale e riavviata la guerra civile.

Una volta dimostrata la funzionalità della bomba il 15 luglio 1945, gli eventi si inseguirono con una urgenza furiosa. Non c'era tempo per negoziare con i giapponesi. Ogni giorno di ritardo voleva dire altra terra persa alla Russia e, quindi, una maggiore probabilità di una vittoria comunista nella guerra civile cinese. Tutta l'Asia avrebbe potuto diventare comunista. Sarebbe stata una catastrofe strategica per gli U.S.A. conseguire la vittoria nella guerra contro i fascisti per poi finire col cederla nelle mani dei suoi altri nemici giurati, i comunisti.
Gli U.S.A. dovevano arrivare alla fine della guerra non in mesi, neanche in settimane, ma in giorni.

E così il 6 agosto 1945, due giorni prima che spettasse ai russi di dichiarare guerra al Giappone, gli Stati Uniti sganciarono la bomba su Hiroshima. Le forze statunitensi sul campo, in attesa di una risposta giapponese alla richiesta di resa, non correvano alcun pericolo. La prima
data pianificata per l'invasione delle isole giapponesi era ancora tre mesi da venire e gli U.S.A. avevano sotto controllo il calendario di tutte le operazioni belliche nel Pacifico. Ma la faccenda russa incombeva e dettò il calendario. E così, solo tre giorni più tardi, gli U.S.A. sganciarono la seconda bomba su Nagasaki. I giapponesi si arrenderono il 14 agosto 1945, otto giorni dopo l'esplosione della prima bomba.

Il Maggior Generale Curtis LeMay disse a proposito dell'uso della bomba: "La guerra sarebbe finita nel giro di due settimane senza che i russi vi avessero partecipato e senza la bomba atomica. La bomba atomica non ha avuto nulla a che fare con la fine della guerra, per niente." Tranne che per aver accelerato drasticamente la fine della guerra per impedire ai russi [la conquista di altro] terreno nell'Asia orientale.

La storia della necessità militare, goffamente messa in piedi in fretta e furia dopo la fine della guerra, semplicemente non regge di fronte alla soverchia realtà della situazione militare dell'epoca dei fatti.
Dall'altra parte, l'uso della bomba per limitare l'espansionismo russo e per rendere i russi, come ebbe ad esprimersi in termini rivelatori Truman, "più malleabili", si conforma appieno con tutti i fatti noti, in particolar modo con le motivazioni e gli interessi degli U.S.A..

Quale storia dovremmo accettare, quella che non sta in piedi ma è stata santificata come dogma nazionale? Oppure quella che invece sta in piedi e però mortifica la nostra presunzione? La nostra risposta testimonierà della nostra maturità e capacità di essere intellettualmente onesti.

A volte è difficile per un popolo conciliare la propria storia con le mitologie nazionali, le mitologie dell'eterna innocenza e della rettitudine che discende dalla Provvidenza. È ancora più difficile farlo quando il proprio paese è invischiato ancora una volta in una guerra e la forza di questi miti si rende necessaria per mantenere fermo il senso del dovere della gente di fronte alla disarmante forza dei fatti.

Ma lo scopo della storia non è di tenere in vita i miti. Il suo scopo è piuttosto quello di smontarli perché le generazioni future possano agire con maggiore consapevolezza per evitare le tragedie del passato.
Potrebbero volerci altri sei o anche sessanta decenni, ma alla fine la verità sull'impiego della bomba sarà scritto non nella mitologia, ma nella storia. Speriamo quindi che, di conseguenza, il mondo diventi un luogo più sicuro.

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1SMV_Mako
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Messaggio da 1SMV_Mako »

La mia personalissima opinione coincide in realtà con quella della maggioranza di storici europei (io non sono certro uno storico, eheh).

Ossia che nella decisione di sganciare le bombe pesarono più o meno in egual misura sia le motivazioni che Freeman vuole smontare che quelle che lui vuole affermare.

Nel giudicare la posizione di Freeman va considerato che la sua polemica va vista con apprezzamento, perché sicuramente nell'opinione pubblica americana è prevalsa l'idea che lo sgancio delle bombe fu "un'opera di bene".

Ma tutti i più avveduti europei danno da tempo per scontato che la decisione ebbe forte valenza politica nei confronti dell'URSS. Lo darei per assodato, e chiuderei le discussioni su questo tema.

Ma vorrei tornare agli aspetti per così dire "tecnici" di coloro che vogliono dare il Giappone per ARRESO nell'agosto 1945.

Il Giappone non si era per nulla arreso.
E il fatto che si stavano valutando le condizioni di resa cosa significa? La posizione giapponese su tali condizioni era ancora molto distante da quella alleata, che imponeva la resa incondizionata e l'occupazione del Giappone, punto e basta. I Giapponesi non ci pensavano neppure.
E tale confronto di posizioni si ripeteva da tempo. Da diversi mesi gli americani facevano bombardamenti incendiari del Giappone con 100.000/200.000 morti a botta, e i Giapponesi non si arrendevano. Fa molta differenza morire bruciato oppure vaporizzato da una bomba atomica?
Tale confronto di posizioni sui termini di resa si ripeteva già da prima dell'attacco ad Okinawa, territorio metropolitano del Giappone (anche Iwo Jima lo era, ma era disabitato al momento della battaglia).
Ebbene, se pure non vogliamo considerare il numero di morti civili e militari giapponesi ad Okinawa, e moltiplicarlo per le n battaglie che si sarebbero svolte sul territorio giapponese, allora semplicemente consideriamo che l'opinione pubblica americana, finita la guerra in Europa, aveva terrore dell'ipotesi di mandare i propri figli a combattere ancora una lunga serie di battaglie pazzesche come quelle di Iwo Jima ed Okinawa. Questo ha una valenza politica interna che non si può assolutamente trascurare.

E chi dice che la guerra sarebbe finita entro dicembre '45 cosa vuole dire? Che la guerra sarebbe finita così, facendosi birrette nelle basi nel Pacifico o in Asia aspettando che i Giapponesi si stancassero?
O continuando con i bombardamenti da 200.000 morti a botta per altri 5 mesi?
Non è per nulla detto che i Giapponesi si sarebbero arresi.
E gli americani non volevano e probabilmente non potevano continuare ad impegnare tante e tali risorse capitali.
E il tempo (vedi URSS che sicuramente non avrebbe mediato un bel nulla) giocava a sfavore degli USA.
Insomma, da questi punti di vista resto della seguente idea. Brutta decisione, ma necessaria.

Altra cosa è quello che ne è scaturito: guerra fredda, corsa agli armamenti atomici, etc.
Ma questa, sono convinto, sicuramente si sarebbe purtroppo sviluppata anche se il Giappone si fosse arreso il 31 luglio 1945, e se gli USA non gli avessero sganciato addosso nessuna bomba atomica.
Ormai gli USA ce l'avevano, e l'URSS stava per avercela (tecnici tedeschi catturati).

Ma discutere su queste cose fa sicuramente bene, e particolarmente bene fanno le posizioni magari a volte provocatorie, che mirano a smontare le convinzioni cristallizzatesi in certi paesi o in certe culture.
Ed a questo riguardo vorrei ricordare che i Giapponesi continuano a considerare le bombe atomiche come un crimine subito, e contemporaneamente (a differenza della Germania) i colpevoli di crimini di guerra E CONTRO L'UMANITÀ processati e condannati a morte a Tokyo riposano nel Cimitero degli Eroi, oggetto di venerazione e di omaggio della gente comune come del governo.

Se potessero, i Cinesi che hanno subito il massacro di Nanchino e circa 20.000.000 (venti milioni) di morti civili nella guerra contro il Giappone prenderebbero le ossa e le ceneri di questi "eroi" e ne farebbero letteralmente mangime per i porci.

Insomma, bello discutere a posteriori i fatti e le decisioni che hanno cambiato la storia.
Ma gli storici che fanno questo esercizio culturale prezioso, dovrebbero fare anche la cosa più difficile. Riportare sé stessi all'indietro nel tempo, e quindi contestualizzare fatti e decisioni.
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Messaggio da 72sq_SilVal »

Infatti, ogni tanto escono fuori articoli come quello pubblicato, che propongono delle versioni non conformi alla "vulgata" ufficiale della storia.

Secondo me dimostrano se non altro l'apertura mentale e soprattutto l'interesse verso determinati argomenti, che non può che fare bene, visto che in altri contesti, ( come da noi tanto per non fare nomi) si tende a stendere un bel velo di disinteresse su argomenti storici, che ci hanno riguardato da vicino e di cui siamo stati testimoni ed attori, senza dimenticare che gli effetti di quegli eventi continuano ancora ad influenzare la vita del nostro paese, nel bene o nel male.

Benchè a mio avviso la tesi proposta dallo storico sia un pò fuori delle righe, non posso fare a meno di apprezzare l'intenzione di guardare la questione da un'ottica diversa, provando a battere strade che non sono state ancora percorse, anche se preferirei leggere resoconti suffragati dalla scoperta di nuove fonti, che diano peso alle congetture, e non solamente deduzioni suffragate da ragionamenti di scrittori, che , sappiamo, a volte, per andare a caccia di scoop riescono a stravolgere completamente fatti acclarati e documentati.
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